ABSTRACT
Negli ultimi cinque anni, l’economia turistica ha conquistato il primo posto di agende e programmi di sviluppo europei e nazionali, salutata come il driver per eccellenza di una “crescita sostenibile, inclusiva e intelligente”.
Laddove rapporti e analisi territoriali dipingono territori affranti dalla recessione economica, dai cambiamenti climatici, dagli effetti disgreganti dei processi di globalizzazione e urbanizzazione, il turismo sostenibile è riconosciuto come la panacea dei mali d’Europa: fonte di ampi introiti e dunque motore di ripresa economica, fattore di locazione a fronte dello spopolamento, di impiego a fronte della disoccupazione, di coesione e inclusione sociale a fronte dell’aumentata eterogeneità e disparità di risorse nella composizione del tessuto sociale, di valorizzazione del patrimonio culturale a fronte del rischio di estinzione della diversità biologica e culturale.
Nuovi enti – le Destinazioni turistiche – ri-pertinentizzano i confini geografici e politici dei territori in termini di genere e accessibilità di attrazioni, di continuità tematiche e ambientali fra luoghi non contigui, di quantità e qualità di strutture e servizi di ricezione e mobilità. I principali settori della società, dalle amministrazioni alle imprese, dall’università all’industria culturale, dalle scuole al no-profit, sono invitati a fare rete, a dialogare, ad abbandonare logiche competitive a favore di sinergie integrate e inclusive in cui ognuno viene valorizzato nella sua singolarità a favore dell’appetibilità e fruibilità del territorio nel suo complesso.
A latere dell’azione politica in senso stretto, che sembra collassare nella sua funzione di mediazione e coesione fra le diverse istanze sociali, si delinea quanto meno il progetto di una prassi politica terza, tanto più interessante per lo sguardo semiotico in quanto sua azione principale e fine ultimo è la comunicazione: nel senso di connessione – degli stakeholder fra loro e con i loro target, dei luoghi fra loro e con i centri nevralgici nazionali e internazionali, dei turisti con i luoghi, i servizi e le conoscenze ambite – e in quello di auto-rappresentazione e auto-narrazione, di aumentata trasparenza e capacità dei territori di fondere la miriade di valori ambientali che definiscono l’“anima del luogo” in un coro di storie coerenti.
Attingendo agli strumenti della semiotica e della teoria dell’arte, e ad alcune prospettive teoriche offerte dalla filosofia politica e dal pensiero cartografico, lo studio propone una lettura trasversale di alcuni estratti di recenti Agende e Programmi Europei, degli atti costitutivi di alcune Destinazioni nazionali e di alcuni portali e strumenti di promozione turistica finanziati e/o sviluppati all’interno di tali cornici, al fine di mettere il luce un “sogno di governo” che concilia miticamente diritto territoriale e mondo globalizzato, crescita economica e coesione sociale, società stanziale e commercio internazionale.
Un rapido sguardo comparativo consente di rilevare, in particolare, che l’Altro immaginato dal progetto di un’economia turistica sostenibile assume i tratti opposti e speculari a quelli dell’immagine di migrante che va dipingendosi tanto a livello di politiche di gestione dei flussi che nel dibattito mediatico e più in generale culturale. Laddove il migrante minaccia l’economia, concorrendo per il lavoro e le risorse locali, il turista attivo apporta ingenti flussi di denaro senza ambire a condividere diritti e risorse; laddove il primo aspira a un impiego, il secondo lo crea; laddove il primo tende a misconoscere la legge e aumentare il disordine sociale, il secondo è al contrario alla ricerca di quiete, il più interessato, in quanto beneficiario di servizi, alla conservazione dell’ordine; laddove il primo minaccia la cultura e l’identità locale, introducendo nuovi costumi e nuove pratiche, il secondo ne è alla ricerca, senza che la propria cultura di partenza, nel tempo sospeso della vacanza, sia in alcun modo pertinente.
Due Altro si tracciano senza sovrapporsi nel discorso che la Comunità Europea e gli Stati fanno a se stessi e agli altri. Quanto il primo incarna il barbaro, la minaccia ai valori fondanti di una comunità che proprio in risposta alla crisi degli equilibri geo-politici si immagina pura e omogenea, il secondo esprime l’ur-europeo, il cittadino perfetto, sintesi di quei valori che l’Europa si attribuisce o auspica: esente da bisogni primari, colto, autonomo nella scelta dei propri passatempi, salutista se non sportivo, rispettoso e anzi attratto dalla diversità, appassionato di temi, pratiche o ambienti naturali e dunque agente di legittimazione e valorizzazione delle identità autoctone.
Un ur-europeo la cui caratteristica costitutiva, tuttavia, è quella di non essere cittadino né in fin dei conti interlocutore: come il barbaro, non è contemplato fra i soggetti costitutivi dalla polis, ma ne sostiene la vita e i valori esclusivamente in quanto singolo, al cui volontarismo ludico – l’apice delle pratiche private – corrisponde un’esperienza estetica, e dunque individuale e non trasformativa, del territorio e dei suoi tratti costitutivi.
Se da un lato il territorio, disegnando la propria mappa e il proprio ritratto, è come se li avverasse, realizzando un’immagine unitaria di sé a funzione di programma (numerosi sono i richiami a stabilire, a tal fine, brand di città, regioni e macro-regioni), l’Altro a beneficio del quale esso si predispone a farsi comunità deve anch’egli essere localizzato e ritratto, individuato e immaginato con più possibile minuzia di dettagli. A un tempo spettatore e protagonista di un’esperienza imbastita per lui, il turista di nicchia è “targettizzato” tramite una gamma quanto più possibile dettagliata di bisogni, interessi, esigenze, passioni individuali. Privato cittadino modello, senza nazionalità o provenienza specifici, l’active tourist si dà unitariamente solo in quanto concetto, categoria astratta realizzata da una moltitudine di individui che bisogna siano granularmente individuati, capillarmente diffusi e omogeneamente distribuiti in funzione della capacità di ricezione e dei servizi tematici delle Destinazioni.
Una forma biopolitica “bianca”, realizzata o immaginata, sembra delinearsi negli immaginari, studi e progetti politici di sostegno ai territori, mirante a intercettare, differenziare, mobilitare, trattenere, sedurre e per certi versi generare un viaggiatore che, come un mito classico, concilia il vecchio e il nuovo nomos, territorialità e mobilità, eurocentrismo e internazionalizzazione. Come un tempo lo schiavo coloniale, apporta risorse extra-sistemiche senza partecipare allo status di cittadino; come il più evoluto dei cittadini a venire, supporta, valorizza e contribuisce a diffondere la memoria e l’identità dei territori, a proteggere il bene comune, a legittimare la differenza e il multiculturalismo come costitutivi di ogni forma di vita associata.
FONTE
Leggi l’articolo completo qui:
Addis M. C. (2020)
L’Europa è altrove. Economia turistica e nomos post-territoriale
I. Pezzini, L. Virgolin (Eds), Usi e piaceri del turismo, Aracne, Roma, pp. 131-149